MESSIAH
di PILATVS

Il volto di Dio
- come perdere in un attimo la fede di una vita -

La pelle diventa ruvida
e si avvolge su di sé
come carta data alle fiamme
Le unghie nere rotte disperate
bucano le lenzuola dell’ultimo letto
Ecco la morte come un istante
ultimo brivido della malattia
Ecco in quell’attimo senza pietà
la mia ultima allucinazione


Secondo Messia

Non restan fiori a far felici le donne
se non quelli che crescono nel Cuore Mio
Niente più doni per i bambini
tranne quelli che poggiano sulle Mani Mie
Son l’unica scheggia d’oro nel letamaio
l’unico agnello su questi grigi prati
l’ultimo punto sulla terra nuda
Cancellatemi !


Oracolo

Troppo il peso su di me di paure senza uscita
troppa noia di domande che incatenano la mente
troppe volte le risposte suonan forte come allarmi
Tanti alberi che crescono nella serra dentro me
troppi i rami che li implorano di sputarli tutti fuori
tante lame sulla pelle che non sanno chi colpire
Dai colore tu a chi uccidere e fai luce su chi amare
segna tracce sulle fronti e traccia segni sulle labbra
Fammi andare in chiesa prima di sgozzare il maiale
per chiedere al cielo dove sia meglio tagliare


Paradiso

finalmente ecco il paradiso
dei bambini spastici e dei maiali
dei grattacieli in fiamme e delle navi in secca
dei vigliacchi e dei negrieri
dove aver fame è un piacere invidiabile
Di qui si alzerà la nostra preghiera
e attraverso i campi di battaglia
raggiungerà le orecchie dei morenti
e nelle loro vene scorrerà nuovo sangue
E in quel sangue noi mangeremo
le nostre carni e quelle dei nostri simili
ed i pensieri deformeremo come mostri
che bramano conoscenze proibite
e il sesso del padre e della madre
del fratello e della sorella
degli animali dannati come noi
E sarà allora che vedremo dio
caduto e perduto nella fossa che ha creato
lodato da quelli che ha dannato
tradito da quelli che ha salvato...

Il suo regno è venuto con Cristo
ed è morto con noi


Madonna rinnegata

vieni a me angelo dalla chioma nera
con il volto intriso di rughe così belle
e mani sottili ma così calde
Tirami su dall’alveo della mia rovina
fammi vedere più radiosi spettacoli
annega i miei ricordi col tuo sputo di miele
Vieni a me divina reietta
temuta dai santi
invocata da chi striscia nella polvere
Cieca tu sei davanti all’oro
accesa in fiamme alla vista del fango
Lascia che ti baci sulla bocca
tagliata dal rifiuto di dio
così felice di aver creato uomini di melma
così offeso dalla voce della Madre
che vive adesso nei loro sogni.


Bambino negro

Bambino negro
minimo comune multiplo di Dio
e della sua infinita bontà
Nella tua fame la sua provvidenza
nel tuo dolore la sua carità
Nella tua morte per denutrizione
la sua promessa dell’aldilà


Natale

E’ oggi il giorno in cui è giunto il grande Uomo
Spingi ! Spingi amore eterno e brucia incenso sui tuoi seni
Prostratevi farisei e pentitevi idolatri
perché Lui balzerà alle vostre spalle
per scoccare frecce nei colli pulsanti...
E’ oggi l’attimo in cui l’amore entrerà in voi
e porterà via le ombre e mangerà i dubbi
Spingi ! Spingi la brace nel tunnel del tuo ventre bagnato
Lanciamo ai peccatori palle di fuoco
e facciamo di loro carcasse da camino...
E sull’ombra cadrà la salvezza
la speranza
la felicità incarnata in Lui
Urla ed ansima la tua gioia bramosa nelle mie orecchie fiere
stona loro dentro le sillabe di "Solo tu ! Solo tu !"
Impugniamo le spade e tiriamo loro fuori viscere e cervella
perché accolgano la sua carità
la sua pietà
Grida ! Grida amore mio
nella sfera del potere più forte di ogni altro
noi abbiamo fatto l’uomo
noi abbiamo fatto il Cristo !


Il grido della tartaruga

Che cosa volete da me figli di puttana ?
Cosa state cercando in mezzo alle mie ossa consumate ?
Vi aspettate di trovare la promessa che non vi ho fatto
i talenti che non ho coniato
la verità che non vi ho mai venduto ?
No !
E’ giunto per voi il tempo di scavare nel letame
di cercare qualche goccia di rugiada
da buttare nella gola ruggine
di nascondervi per sempre oltre il muro del sonno
e di andare alla deriva...

che cosa volete da me figli di puttana ?
La salvezza che non posso darvi
la carità che non ho mai predicato
nuovi schiavi o nuovi figli che non ho generato
fanciulle vergini per altari che non sono miei ?
No !
Sto correndo nel tunnel di luce della vostra fantasia
recitando le preghiere che non ho scritto
per raggiungere il paradiso inventato da voi
mangiando la vostra superstizione
per fuggire dall’inferno che non ho creato io

Che cosa volete da me figli di puttana ?
I sacramenti che non conosco
le particole che non posso mangiare
il vino che mi fa vomitare
le reliquie di santi mai vissuti ?
No !
Adesso sarò io ad uscire dai vostri pensieri
ad incarnarmi nelle vostre vene
a scorrere nelle vostre carni
a lasciarvi morire del virus che non ho creato io
a rubarvi la vita che non ho mai goduto

che cosa volete da me figli di puttana ?


Onnipotenza

Posso vedere la Tua onnipotenza mio Signore
negli occhi dell’uomo avvilito davanti al distributore di tabacco
offeso dal prezzo pagato per un prodotto sfinito
Nel calcagno un po’ arrossato della cameriera senza età
avvolto nella calza a rete un po’ sfibrata
sicuramente non più vergine...
Posso toccare la Tua immagine turgida mio Signore
nel piede impaziente dell’automobilista frustrato dal traffico
scoperto a letto con un crampo insaziabile
Fra le gambe di una puttana con un passato da massaia
ricordo di una vita precedente e lontana
sicuramente non più vergine...
Posso penetrare i tuoi pensieri insaziabili mio Signore
nelle mani sudate del maggiordomo schiavo
nelle sue catene dagli anelli logori
Nei seni acerbi della ragazzina di buona famiglia
dietro la maglietta bianca con una voglia di senape
non per molto ancora vergine...
Posso fondermi con il tuo dominio del vuoto mio Signore
nella polvere del vento delle stagioni passate
trascorse su mondi lontani e quasi dimenticati
Nella sabbia che incrosta le cosce della Tua nobile sposa
e ne insidia il ventre infiammato di sacra passione
che non è mai stato vergine.

Magister equitum

Cammino nella luce che si spegne con la daga nella mano
la tunica sudata ed il mantello scarlatto simbolo del mio grado
i miei passi sotto il sole che tramonta per sempre
la mia voce soffocata da un nodo nella gola
traduce con fatica il mio pensiero
Perché non mi hai protetto ?
Le unghie sporche avvinghiate nella polvere
le mani callose della guerra cercano sassi da lanciare
nel vuoto che mi guarda ridendo
Le mie impronte sotto il sole che tramonta per sempre
verso il regno di sogno della morte
La mia voce che trasforma le preghiere in un singhiozzo
Io non sono degno
E cammino e cammino nella luce che non c’è
sopra i ciottoli della strada della polvere
impaurito nelle maglie di ferro sotto l’elmo
le sue piume arse dal sole che non c’è
La morte non diventa né olio né zucchero
né coraggio di interiora sparse per terra
né viltà di lancia piantata nella schiena
ma solo un grido sussurrato
Padre, perché mi hai abbandonato ?


Giuda

Bevi nel mio bicchiere Giuda
non ti serberò rancore se tradirmi tu vorrai
perché insieme varcheremo la soglia del cenacolo
per scoprire quella stella che brilla nel cielo
Accostati a me Giuda
compagno di nottate brave
anche se mi tradirai cento donne noi avremo
per discorrere d’amore e del piacere della carne
Baciami sulla bocca Giuda
anche se mi ucciderai mi farai diventar Dio
ed io non serberò rancore
se berrai dal mio bicchiere

Signore della montagna

Ho visto le cavità dell’inferno
espellermi con rabbia e fuoco
dalla sacralità del loro ventre
Ho nuotato negli abissi scuri
con milioni di pesci prigionieri
sopra le rovine di Atlantide
Ho percorso la foresta e la savana
schivando gli sguardi e le mani
dell’umanità affamata
Mi son perso per le vie della città
tra circuiti di automi in avaria
alberi d’asfalto e scatole di latta
Ho scalato il crine della montagna
conquistato la sua cima di sassi bianchi
Gridato nella nebbia del tramonto
"Io non sono figlio di Dio !"


La reliquia

I muri d’argilla dormienti da secoli
adesso si truccano di polvere e crepe
Crollano i soffitti di tufo traditore
davanti alla macabra resurrezione
Niente più calici colmi di vino
e volti contenti del loro sorriso
Niente più amore che placa la terra
dal suo esplodere di rabbia rossa
Viene alla luce la spada dell’odio
sepolta da secoli di dolci parole
Brilla di nuovo la lancia romana
sporca del sangue del cuore di Cristo
Ed io felice nella rabbia cosmica
tocco la pelle della vergine casta
Ed io che bacio la mia tenera madre
metto al mondo la covata del male
Questo è l’ultimo urlo
questa è la corona di spine
L’ordine del centurione
che sovrasta la parola di Dio

Tutto quello che non ho

Sono uno schiavo di Dio
per sempre una pezza da piedi
schiacciata dalla Sua tirannia
Un morto di fame per l’eternità
immerso in un bagno di sfortuna
un frutto maturo e succoso
che si spacca in quattro quando cade
Sono tutti i tramonti che non vedrò
tutte le terre dove non andrò
gli sguardi che non incrocerò
il mare di cose che non saprò mai
Sono tutto l’amore che non avrò
tutto il calore che non sentirò
l’idea del sesso che non farò mai
lo spettro della mia fantasia repressa
Guardami strisciare Mio Signore sotto di Tè
sentimi pregare sull’altare
e donami la Tua corona di spine
e donami la morte sulla croce
Non merito altro che questo gesto pietoso


Vergine Casta

Vergine casta portami con te
attraverso la strada dei fori
d’appresso alle antiche rovine
padiglioni delle glorie passate
Mettimi le mani addosso
infondimi calore e stupore
guida le mie gambe spezzate
attraverso la via del piacere
E non rimproverare la mia sete
di compiacente carità
la voglia delle tue cure
nel giardino delle statue morte
In grembo a queste sante parole
saremo liberi dal male
In un fatto di carne e fede
vedremo il paradiso